Trasparenza, termine vietato in finanza?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza, utilizzando termini semplici ed esempi pratici, visto che purtroppo, il nostro legislatore ed insieme a lui gli organismi preposti, non sembrano molto attenti all’argomento.

Quando si parla di “consulenza finanziaria” può capitare di indicare di tutto, vediamo il perché.

Il regolamento Consob n.20307/2018 ha disciplinato le modalità di erogazione del servizio di Consulenza finanziaria su base indipendente:

Possono erogare il servizio i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria iscritte all’ Ocf.

Tali soggetti dovranno operare in assenza di conflitti di interesse, di vincoli contrattuali o legami con emittenti o distributori e dovranno essere remunerati esclusivamente dai clienti beneficiari del servizio.

Vi sono inoltre altri requisiti da rispettare:

  • Devono essere valutati una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che devono essere sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti in modo tale da garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti;
  • inoltre nel processo di selezione il numero e la varietà degli strumenti finanziari considerati siano proporzionati all’ambito del servizio di consulenza prestato, siano adeguatamente rappresentativi degli strumenti finanziari disponibili sul mercato e comprendono tutti gli aspetti d’interesse, quali rischi, costi e complessità, nonché le caratteristiche dei clienti in modo da assicura che la selezione degli strumenti che potrebbero essere raccomandati sia obiettiva;
  • Prima della prestazione del servizio, gli intermediari hanno l’obbligo di spiegare ai clienti in maniera chiara se e per quali motivi, la consulenza in materia di investimenti prestata si configura come indipendente o non indipendente e se è basata su un’analisi ampia o ristretta di categorie di strumenti finanziari. L’informativa, la quale è finalizzata ad agevolare gli investitori nella comprensione dei contenuti e del perimetro della consulenza ricevuta, deve inoltre contenere:

– una descrizione della gamma di strumenti finanziari oggetto delle raccomandazioni, inclusa l’indicazione dei rapporti intercorrenti tra il consulente e gli emittenti/fornitori di detti strumenti;

– una rappresentazione dei tipi di strumenti finanziari considerati, della gamma degli strumenti finanziari e dei fornitori analizzati per ciascuna tipologia in base all’ambito del servizio.

  • Nel caso di consulenza indipendente, in che modo sono soddisfatte le condizioni previste per la fornitura di tale consulenza e i fattori presi in considerazione nel processo di selezione adottato per raccomandare gli strumenti finanziari, quali i rischi, i costi e la complessità degli strumenti finanziari.
  • La prestazione del servizio di consulenza indipendente deve essere quindi proceduta dalla valutazione di un’ampia gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, diversificati per tipologia di emittenti o fornitori di prodotti, in misura tale da garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano adeguatamente soddisfatti. In particolare, l’intermediario non può compromettere l’indipendenza della consulenza prestata limitandosi a raccomandare strumenti finanziari emessi/forniti dallo stesso o da altri soggetti legati al consulente da stretti rapporti contrattuali.
  • Agli intermediari è consentito svolgere contemporaneamente anche nei confronti di uno stesso cliente, sia la consulenza indipendente, sia la consulenza non indipendente ma sono richiesti in tal caso, oltre ad una informativa preventiva in merito alla tipologia di consulenza prestata, l’adozione di adeguati presidi organizzativi e controlli per assicurare che i due tipi di consulenza siano distinti, al fine di non ingenerare confusione ai clienti circa il tipo di consulenza ricevuta.

Quanto sopra evidenzia la complessità delle attività necessarie affinché il servizio possa essere considerato “su base indipendente”.

Consob con delibera n. 19548 del 17 marzo 2016, ha adottato nei propri atti regolamentari, le nuove denominazioni di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, abbreviato in Cfaofs (ex promotore finanziario); consulente finanziario autonomo, abbreviato in Cfa (in sostituzione di consulente finanziario) e albo unico dei consulenti finanziari, abbreviato in Ocf (in sostituzione di albo unico dei promotori finanziari).

Le differenze di ruolo sono molto chiare ma la denominazione utilizzata è volutamente ambigua e le banche, approfittandone, definiscono “consulenti” tutti coloro che partecipano al processo di vendita dei prodotti finanziari.

I Cfaofs sono remunerati con provvigioni, sono agenti di commercio iscritti all’ Enasarco e all’ Ocf nell’apposita sezione a loro riservata; la loro attività “di vendita” definita consulenza strumentale alla vendita, è parte dell’attività commerciale e come tale è esente da Iva.

Hanno obiettivi che sono strettamente collegati a quelli delle mandanti, chiaramente non dicono “veniamo pagati meglio se vendiamo quel che vogliono” ma nella realtà avviene proprio questo.

Cito un breve passo di un comunicato stampa relativo ai risultati conseguiti nel 2020 da una importante banca che si avvale di Cfaofs, dove questo fatto viene esplicitamente evidenziato;

“Da inizio anno la raccolta in prodotti consigliati e servizi ha raggiunto € x,x miliardi (+12,3% a/a), confermando l’apprezzamento da parte della clientela, con un’ incidenza rispetto al totale della raccolta gestita pari al 74%“.

Avete capito bene? Le scelte retributive, essendo agenti di commercio, hanno la meglio sul resto.

D’altra parte oltre 20 anni fa, quando ero in banca, i responsabili commerciali dicevano chiaramente: per fare risultati economici è necessario vendere prodotti ad alto margine!

Banche e Cfaofs, per cercare di scippare il termine “consulenza” ad altri professionisti, vendono servizi che aiutano il cliente nell’individuare strumenti e movimentarli nel tempo, spacciandoli spesso per “consulenza Indipendente”.

Non hanno però scelto la strada “impegnativa” sopra evidenziata perché questo li avrebbe costretti a smentire se stessi nelle varie fasi del processo. Per esempio, avrebbero consigliato nella Consulenza Indipendente uno strumento X quando al medesimo cliente, in una modalità “consulenza non indipendente” avrebbero consigliato altro.

Questo non è il mio pensiero, ma una precisa scelta del sistema bancario Italiano nel suo insieme. Spesso Consob e Sindacalisti importanti hanno spronato le banche al fine di attivare la “vera consulenza” ma la verità è che questa scelta penalizzerebbe i bilanci bancari.

Se non mi credete e pensate che sia di parte riporto integralmente quanto scritto dalla Fisac Cgil Unicredit, a pagina 4 di questo documento nel  paragrafo “CONSULENZA INDIPENDENTE O RISTRETTA”

È abbastanza?

No, ad aggravare la situazione si aggiunge l’utilizzo degli stessi termini per definire soggetti che svolgono attività di gestione ma non lo dichiarano apertamente.

Questo è uno degli esempi, ma non il solo.

La società in questione autorizzata da Consob con questa delibera svolge attività di gestione al pari di altre Sim italiane o estere autorizzate e non è iscritta alla sezione dell’Ocf riservato alle Scf, unico soggetto giuridico autorizzato a svolgere attività di consulenza indipendente.

L’attività di vendita non deve essere ne discriminata ne camuffata, è del tutto legittimo che in un mercato competitivo, vi siano diversi operatori che competano, importante far capire al cliente che qualsiasi attività svolta deve essere remunerata in modalità trasparente per il cliente.

Un indagine Consob del 2018, citata da Aduc in questo articolo, si evidenziava come l’82% degli italiani, a quella data, non sapevano che la consulenza fosse da loro pagata o non sapevano quantificare l’entità del compenso.

Sarà cambiato qualcosa in questi tre anni?